Nell’ambito di un chiarimento sui leganti utilizzati per il restauro archeologico, conservativo o architettonico del 900, ma anche solo per il risanamento o per la manutenzione edile, va specificato che tutti i materiali impiegati in questi settori, cioè malte, boiacche, betoncini, intonaci, rasanti e quant’altro, vanno sempre certificati, a prescindere dalla natura del legante impiegato.
Di contro, tutte le malte confezionate e preparate in cantiere, mescolando leganti vari con inerti sciolti senza alcuna prescrizione non sono certificate, ne sono certificabili.
La Normativa Europea EN 459-1:2010 (pubblicata dalla commissione tecnica Cemento, malte, calcestruzzi e cemento armato) con le sue 3 categorie NHL – HL – FL, parla esclusivamente di “calci (leganti) da costruzione”.
Si deve pertanto escludere qualsiasi relazione tra questa norma e il restauro conservativo e/o architettonico, in questa norma non esiste assolutamente nessun cenno a tale riguardo.
Per le Soprintendenze Italiane e i cantieri di restauro, vigono esclusivamente le indicazioni espresse nella Charta del Restauro di Roma 1883 e successive.
ASSOLUTAMENTE NULLA ALTRO!
Le richieste correttamente espresse in questi documenti storici, come “malte storiche” o “malte simili alle esistenti”, ESCLUDONO AUTOMATICAMENTE;
• le malte “tradizionali” confezionate in cantiere (non certificabili)
• le malte premiscelate cementizie (non compatibili)
• le malte premiscelate NHL di cui alla norma UNI EN 459-1:2010 (poiche malte con leganti da costruzione ex novo)
Ma allora quali malte bisogna prescrivere nel cantiere di restauro?
La quasi totalità delle malte originali, dall’antichità ad inizio del 900, sono state confezionate con calce in pasta (dispersione densa di idrossido di calcio) o aerea (dall’800) con la pozzolana o altri componenti reologicamente attivi come trass, zeolite, metacaolino o cocciopesto.
Al tecnico che gestisce un cantiere storico di Restauro, che debba rispettare CONTEMPORANEAMENTE la normativa Italiana, le indicazioni della soprintendenza e (principalmente) la perfetta compatibilità dei materiali impiegati con il supporto specifico, resta solo una possibilità;
Prescrivere e fare utilizzare malte con leganti di categoria FL della suddetta norma.
La categoria FL della normativa EN 459-1:2010 è infatti l’unica che obbliga il produttore a dichiarare il contenuto del materiale prodotto e distribuito.
Per le altre 2 categorie, HL e NHL , questo obbligo non è dovuto.
Si può pertanto affermare, che le sole malte a norma in commercio, che risultano “controllabili”, e “certificabili” sono le: malte formulate con leganti di classe FL (EN 459-1:2010).
Attenzione;
NON HO SCRITTO CHE TUTTE LE MALTE CON LEGANTI FL RISULTANO ADATTE AL CANTIERE DI RESTAURO MA CHE LA CATEGORIA DI LEGANTI FL, RAPPRESENTA UN UTILISSIMO ED EFFICACE STRUMENTO DI CONTROLLO AL SERVIZIO DI TECNICI PREPOSTI A PROGETTARE E/O DIRIGERE UN CANTIERE DI RESTAURO.
Tale controllo, potrà essere facilmente attuato dal responsabile, consultando la sezione n.3 della relativa scheda di sicurezza SDS (Safety Data Sheet) del materiale proposto dall’impresa esecutrice, in questa sezione non dovranno essere indicati componenti potenzialmente dannosi per le murature.
E quali sono questi componenti dannosi per la murature?
Il primo in assoluto è certamente il cemento, in tutte le sue forme, bianco, grigio o mascherato da fuorvianti descrizioni come “clinker solfoalluminato” “cromo esavalente” “silicati cristallini” o altri simili espedienti da marketing di bassissimo livello.
Cuocere calcari impuri “sporchi” di argilla o silice al di sopra dei 1000 °C, sviluppa, nel prodotto ottenuto composti potenzialmente molto dannosi per le murature ed in particolare per il nostro tufo.
Intorno ai 900° C si ha la decomposizione termica del calcare in calce viva e anidride carbonica ed i silicati idrati di alluminio costituenti l’argilla.
Intorno ai 1000-1100° invece, i prodotti della decomposizione dell’argilla si legano con l’ossido di calcio:
CaO + Al2O3 → CaO•Al2O3 alluminato monocalcico
2CaO + SiO2 → Ca2SiO4 silicato bicalcico (BELITE)
Al di sopra dei 1250 °C si forma il componente più pericoloso (per la muratura) il silicato tricalcico (ALITE) largamente presente nel cemento.
<< la cottura di calcare puro non comporterebbe problemi >>
Qui sotto un interessante diagramma redatto da Ian Brocklebank, presidente del Building Limes Forum Inglese, che mostra sinteticamente le componenti dei vari leganti all’aumentare della temperatura di cottura, con inserita l’area di influenza delle calci pozzolaniche formulate con calce aerea e zeolite che si potrebbero definire delle NHL1:
Purtroppo per l’industria “perdere tempo” non è ammissibile!
Procedere con cotture “dolci”, magari a legna, con temperature comprese tra 700 e 800 °C necessita di molto più tempo rispetto ad un moderno, forno industriale a temperature vicine ai 1.250 °C.
Ergo, il risultato finale e la durabilità del vostro intervento, vengono irrimediabilmente sacrificati dalle aziende produttrici, che per essere presenti in prima fila nella cinica competizione del mercato, vi raccontano storie non vere.
Leggendo la sezione n.3 della SDS, è nostro dovere drizzare le orecchie leggendo descrizioni poco chiare o approssimative con sigle tipo N.P., “non pervenuto” o N.D. “non dichiarato”, oppure con la presenza delle sole formule chimiche anziche di una chiara e trasparente descrizione del componente (chi fa questo evidentemente vuole nascondere qualcosa) o ancora con il contenuto incompleto, cioè non riferito al 100% del materiale (certo è obbligo solo elencare i prodotti pericolosi ma è cortesia farci conoscere cosa contiene il materiale) o addirittura con la sezione n. 3 miseramente vuota!
Per il nostro straordinario TUFO, principe dell’architettura Campana (e non solo), riserviamo una particolare attenzione, evitando di mortificarlo e ricoprirlo con materiali contenenti BELITE ed ALITE, impariamo a riconoscere questi composti leggendo le schede tecniche ma ancor di piu LE SCHEDE DI SICUREZZA che vengono ottimisticamente lette da 1 tecnico edile su 10.
Anche perchè cosi facendo, non solo rispettiamo il percorso filologico della storia dell’architettura, ma facciamo anche i pieni interessi del committente finale (pubblico e privato) salvaguardando gli investimenti e garantendo la durabilità delle opere.
La corretta nomenclatura da capitolato
Da tempo ho notato che la maggior parte dei tecnici edili, si ritiene soddisfatto dall’inserimento nel proprio capitolato, della generica raccomandazione “a base calce”, rivolta evidentemente alle imprese che lo leggeranno, nella completa convinzione che ciò possa risolvere in esecuzione, la “giustezza” e la compatibilità dei materiali che saranno impiegati.
Bene, sfatiamo subito questa illusione…
…la nota “a base calce” non sott’intende alcuna certificazione e non è in nessun modo una garanzia di qualità, compatibilità o prestazione!
Limitarsi a questa semplice ed inutile nota, equivale a lasciare campo libero a TUTTI I MATERIALI PRESENTI IN COMMERCIO, (poiche in tutti, proprio in tutti, esiste sempre una seppur piccola porzione di calce) oltre ad accettare un probabile degrado precoce nelle lavorazioni che verranno eseguite.
Per risultare più efficace bisognerebbe riportare in capitolato, questo tipo di raccomandazione (obbligo):
“In questo cantiere saranno accettate esclusivamente malte premiscelate e certificate con caratteristiche mineralogiche, granulometriche e cromatiche simili alle malte originari, come indicato dalle carte del restauro, preferendo malte “controllabili” formulate con leganti di classe FL (normativa EN 459 – 1: 2010), corredate di scheda di sicurezza SDS a 16 sezioni, come richiesto dalla normativa in vigore, nella cui sezione n.3, non siano indicati, anche nelle sole formule chimiche, componenti dannosi per supporti murari ed in particolare per quelli in tufo, come belite, alite, cementi bianchi, cementi grigi e qualsiasi altra forma di clinker, cromo esavalente, solfoalluminati, calci idrauliche naturali NHL, calci eminentemente idrauliche, solfati, sali idrosolubili, calce libera, scorie, ceneri o loppe d’altoforno.”
Sembra superfluo chiarirlo ma a volte si dimentica che esiste una netta e sostanziale differenza tra:
- leganti e malte
Nel confezionamento di una malta, il legante o i leganti impiegati, sono solo uno dei componenti al quale vanno aggiunti inerti ed altri componenti (additivi) in funzione delle prestazioni attese.
Esiste una altrettanto netta e sostanziale distinzione tra:
- produttori di leganti e produttori di malte
Ricordiamo che la certificazione riferita alla norma UNI EN 459-1:2010, riguarda esclusivamente i LEGANTI e non le malte (o gli intonaci).
I produttori di malte, non possono quindi certificare i loro prodotti in funzione della norma UNI EN 459-1:2010, ma solo in relazione alle norme:
UNI EN 998-2:2010 – Malte da Muratura
UNI EN 998-1:2010 – Malte per intonaci
Attenzione però:
…tutte le certificazioni riferite a queste norme per le malte si riferiscono ai soli valori di resistenza allo stato indurito come indicato da queste tabelle:
Le norme UNI EN 998-1 e 998-2 non richiedono l’origine e le proprietà del legante impiegato per produrre la malta, le relative certificazioni si riferiscono quindi alla sola resistenza e non al legante impiegato dal produttore, come alcuni vogliono far intendere, per la normativa SULLE MALTE, calce o cemento non fà alcuna differenza, esse non esplicano nessun altro contenuto.
Ricapitolando, ciò che progettisti, prescrittori e DDLL dovrebbero richiedere sono i soli documenti che attengono al reale contenuto dei materiali sottoposti dall’impresa, e cioè:
• scheda tecnico scientifica
• scheda di sicurezza (che riporti interamente i componenti nella sezione n.3)
• scheda DOP (prestazione)
• certificazioni private a garanzia della composizione
In conclusione, posso dire che l’attuale normativa non è assolutamente in grado di proteggere i risultati di durabilità attesi in cantiere, mancando di specifiche in grado di controllare l’operato dei produttori di materiali per il restauro e la qualità effettiva dei loro prodotti.
Infatti in realtà, chiunque produca materiali anche con solo una piccolissima porzione di legante NHL alla quale venga aggiunga una significativa porzione del piu economico ma “dannoso” cemento, possa venderlo, qui in Italia, come MALTA DI CALCE IDRAULICA NATURALE NHL, senza assolutamente essere obbligato a citare la presenza del cemento utilizzato.
Vi sembra normale?
E’ evidente che tutto cio comporta l’obbligo deontologico e professionale del tecnico “responsabile”, di assumersi l’onere di valutare tutte le opportunità di controllo possibili e tra queste la piu facile ed immediata, è appunto la prescrizione e l’impiego di leganti di classe FL, richiedendo sempre le SDS (schede di sicurezza) di tutti i materiali impiegati e non limitandosi a consultare le schede di marketing (quelle tanto colorate ma altrettanto inutili).