ZEOIDROBATTUTO L – Ciclo in battuto di lapillo per volte estradossate e cupole


Realizzati mediante “battitura” di impasti di calce e lapillo le antiche volte “a carusiell” per secoli hanno impermeabilizzato efficacemente case ed edifici lasciando scivolare via l’acqua.

Fino agli anni Cinquanta del secolo scorso a Napoli e provincia, in particolare nelle isole di Ischia e Procida e in penisola Sorrentina, come da tradizione mediterranea si sono costruiti i lastrici solari a forma di botte o piccole cupole emisferiche anche dette “à carusiell’.

La costruzione avveniva secondo canoni ben definiti; la sagoma del tetto veniva preparata con un’intelaiatura in legno con pali di castagno e i cosiddetti “pennicilli”, fasci di tralci di viti, struttura di sostegno, successivamente ricoperta e rivestita da un manto argilloso di calce e pietre di pomice di diversa granulometria.

Esente da terre ed ossidi lo storico battuto di lastrico era confezionato a piè d’opera con l’uso lapilli grigi (o chiari) in quantità opportune tali da essere impastati con leganti di calce aerea e pozzolana o in grassello, formando conglomerati dalla consistenza plastica adatti ad essere stesi a strati da pistonare a “battuta” anche in pendenza significativa.

L’impasto così realizzato veniva lasciato riposare per interi giorni con programmate mescolazioni ed eventuale aggiunta di grassello disciolto in acqua, fino all’ottenimento della consistenza necessaria.

Appena il parere del “masto calciaiolo” era per il benestare, veniva organizzato il getto in un’unica soluzione ed in spessori rilevanti sul supporto adeguatamente preparato per riceverlo.

È a questo punto che cominciava la vera e propria “vattut e ll’asteche” cioè la fase di battitura del lastricato, da parte dei cosiddetti “Pentonari”.

Durante questa fase, che poteva durare anche tre giorni di lavoro ininterrotti, si utilizzavano appositi bastoni in legno con l’estremità inferiore allargata, definiti “Pentoni” o “Mazzeranghe”, per comprimere e costipare l’impasto che veniva man mano bagnato con acqua di calce, fino a renderlo totalmente “chiuso” ed impermeabile.

La conformazione estradossale delle strutture voltate, consentiva il naturale scolo delle acque meteoriche, che venivano convogliate dai canali lungo i perimetri nelle apposite cisterne di raccolta delle acque.

Questa “faticosa” parte del lavoro garantiva la tenuta e l’impermeabilità del manufatto ricoperto con il battuto, ma se la precedente fase del lavoro era caratterizzata dal sudore dei Pentonari, la fase più importante dell’intervento, era quella successiva, di maturazione.

Infatti, per consentire la corretta stagionatura del conglomerato, lo strato così costipato veniva ricoperto per tutto l’inverno, ed oltre, da uno strato di paglia opportunamente zavorrato con una falda di terreno.

Questo geniale accorgimento evitava il congelamento dell’acqua residua nel battuto, che veniva scoperto soltanto in primavera, pronto a sostenere le deformazioni termiche della successiva estate.

A “vattut’e ll’astreche” era una antica e condivisa tradizione costruttiva che oltre alla famiglia, per la realizzazione del tetto, coinvolgeva tutta la comunità locale, tutti erano invitati a lavorare e come compenso si mangiava e beveva buon vino.

Il popolo era felice poiché un loro fratello compaesano era riuscito a costruirsi un tetto sotto il quale poter vivere con la propria famiglia.

A “vattut’e ll’astreche” resta anche una vecchia danza che, al ritmo della battuta dei pali sul lapillo, rievoca la costruzione dei tetti a cupola definiti “a carusiell”, che hanno caratterizzato l’architettura mediterranea.

Realizzare oggi un simile intervento sarebbe impossibile, per la totale mancanza del magistero applicativo e la completa assenza di manovalanze con le conoscenze necessarie a realizzarlo.

Inoltre avrebbe costi esorbitanti, per cui abbiamo pensato ad una versione “moderna“ con lo ZEOIDROBATUTO L, che conserva il carattere storico del legante pozzolanico ma con l‘aggiunta di un necessario nucleo impermeabile.

Nella foto seguente si nota, lo strato a tenuta sottostante e la ricopertura con ZEOIDROBATTUTO L in calce e lapillo che andrà rifinito a frattazzo di legno

Di seguito troverete un documento contenente le schede tecniche dei materiali utilizzati nel ciclo ed una analisi del prezzo in opera.

Resto a disposizione per chiarimenti, approfondimenti ed eventuali confronti per modificare il ciclo e meglio adattarlo alle vostre esigenze.

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