I servizi di diagnostica indicati nell’articolo sono disponibili presso l’agenzia lancellottirestauro.com
Ogni cantiere di recupero architettonico impone l’adozione di specifiche metodologie di progetto ed intervento.
Diagnosi, progetto, adempimenti amministrativi, scelta di materiali e tecniche applicative, definizione del capitolato d’appalto, controllo della corretta esecuzione, collaudo.
Ciascuna fase richiede competenze specifiche ed un corretto ed omogeneo approccio alla conservazione.
Una maggiore considerazione degli innumerevoli insuccessi da parte del segmento imprenditoriale del recupero edile ma, soprattutto, una maggiore memoria agli esiti negativi da parte di chi ha commissionato lavori di ripristino o manutenzione (mal progettati e/o mal eseguiti), possono diventare un incentivo per gli operatori edili a qualificare e specializzare le categorie dei propri interventi, distinguendosi primariamente sotto il profilo dell’eccellenza tecnica.
Per decidere quale fase adottare nel progetto di recupero edile occorre, intanto, possedere un quadro conoscitivo completo della situazione sulla quale ci si appresta ad operare, ponendo in essere, ad esempio, una serie di analisi ed indagini scientifiche sufficientemente approfondite sulle condizioni dell’edificio e dei materiali esistenti.
E’ proprio per questo che la fase preliminare di ogni intervento conservativo deve consistere nell’attuazione di tutte quelle operazioni che concorrono alla definizione della situazione sulla quale si intende intervenire.
Esso deve fornire un quadro diagnostico completo dello stato di conservazione del prospetto, sia in generale che dei suoi particolari componenti, che possa individuare e rendere note quelle patologie di degrado e quei processi di alterazione, avvenuti o in corso, capaci di determinare il deperimento o la perdita del bene, il tutto con il fine ultimo di intervenire su di essi con i rimedi più opportuni.
Del resto, considerato che nel nostro paese vengono spesso ignorate le normative che regolano le indagini diagnostiche e tenuto conto che per queste ultime esistono differenti criteri e tipo di analisi, è d’obbligo che nel progetto di conservazione delle facciate siano state impostate le indagini diagnostiche e quindi, in concreto, che sia stato prodotto anche un progetto diagnostico.
Nell’ambito delle prove non distruttive esistono a livello europeo ed internazionale, norme “di processo” che descrivono come si debba eseguire la prova e norme che specificano come si debba certificare il personale addetto alle prove medesime.
Ma raramente questi requisiti vengono rispettati, sia per non conoscenza che per poter ottenere costi più bassi da fornitori di prove poco esperti e non riconosciuti.
Quindi per il personale è vigente la norma UNI EN ISO 9712 Luglio 2012, che ammette le certificazioni sia in ambito “Industria Generale” (dove la certificazione del personale è obbligatoria, quindi non derogabile) che nel settore dell’edilizia, relativa a materiali non metallici.
Per il settore edile allo stato attuale, la certificazione del personale non è obbligatoria, nel senso che un operatore che, per esempio, esegue una prova di carico o una prova ad ultrasuoni su cemento, può scegliere liberamente di farsi certificare, oppure trasferire, in caso contrario, la responsabilità della prova al laboratorio da cui dipende.
Ma è molto probabile che prossimamente questo passaggio, diventerà obbligatoria anche in questo settore.
È utile evidenziare come tecniche non invasive di semplice messa in opera per la caratterizzazione della morfologia del colore, della composizione chimica e del degrado di un materiale o di un manufatto storico che potevano essere considerate “all’avanguardia” (pur d’uso limitato, per costi e risorse tecniche necessarie) non più di venti anni fa, nell’ultimo decennio hanno trovato ampia applicazione nel restauro artistico rendendole disponibili a livello commerciale, per la progettazione del restauro architettonico di qualità.
Premesso che conoscere le caratteristiche non apparenti dei prospetti di edifici da risanare ed individuarne il degrado cercando di chiarire le possibili cause, rappresenta il principale scopo delle indagini diagnostiche, si può senza dubbio affermare che l’uso di tecniche innovative di rilevamento, in tutte le varie fasi di documentazione del cantiere di recupero, è oggi una necessità oltre che una positiva realtà.
V’è, comunque, ben di più. Avvalersi di queste attività non solo preliminarmente ma anche durante l’esecuzione delle singole fasi operative dell’intervento ci consente di valutare l’efficacia delle soluzioni in atto, offrendo la possibilità di modificare le caratteristiche e la sostanza del nostro intervento per evitare alla nostra committenza risultati insoddisfacenti.
Peraltro, l’indagine diagnostica costituisce una modesta percentuale del costo complessivo preventivato per l’intervento di recupero; tuttavia, essa consente di salvaguardare i risultati dell’opera nel modo migliore, preservando l’investimento del committente.
Nonostante le raccomandazioni degli esperti in recupero e restauro per l’impiego dell’indagine diagnostica, la maggior parte delle indagini, nella normalità, viene eseguita esclusivamente nei cantieri monumentali e di particolare pregio storico artistico, nei quali il penetrante controllo degli enti preposti impone precise metodologie già codificate.
Viceversa, nei casi di edilizia comune o di edilizia cosiddetta “minore” come gli interventi su edifici condominiali, simile strumento trova raro impiego, non per i costi quanto per la carenza di quel pur minimo livello di cognizione tecnica, vuoi da parte dei professionisti, vuoi da parte delle imprese, spesso ignari dell’esistenza e della possibilità di avvalersi di simili tecniche.
Ebbene, la scienza della conservazione mette oggi a disposizione degli operatori edili specializzati nel recupero una vasta gamma di metodologie analitiche di laboratorio e di indagini diagnostiche in loco, le cui tecniche (similmente ad altri settori dell’attività umana, ad esempio quello medico) sono in continua evoluzione ed affinamento.
Riassumendo, dunque:
- i dati e le informazioni raccolte selezionate e confrontate forniranno quel quadro clinico della facciata che guiderà le scelte del nuovo intervento di risanamento;
- conclusa la fase di analisi conoscitiva della facciata e del suo degrado, dei materiali presenti e delle tecniche costruttive adottate, si entra nel merito della proposta d’intervento di conservazione, costituita sostanzialmente nel capitolato tecnico di appalto, la cui finalità risiede nell’azione diretta o indiretta sulle cause che hanno portato al degrado.
Per redigere correttamente questo documento fondamentale su cui si basa ogni intervento manutentivo, occorre avere ben individuato materiali e tecniche da utilizzare, soprattutto nelle caratteristiche prestazioni, nei tempi da rispettare, nelle lavorabilità e nella compatibilità con l’esistente.
Di grande importanza risultano i precisi riferimenti a normative vigenti come le norme UNI e le norme DIN raccomandazioni NorMaL, che assumono carattere vincolante soltanto se espressamente richiesto (al momento, infatti, non sono ancora riconosciute come obbligatorie).