CHIARIMENTI SUI LEGANTI E LE MALTE PER IL RESTAURO CONSERVATIVO ED ARCHITETTONICO


Introduzione

Il presente testo ha l’obiettivo di fornire indicazioni utili per la scelta e l’impiego di leganti e malte nel restauro conservativo e architettonico, ponendo particolare attenzione alla compatibilità con i materiali murari (storici e moderni) e al rispetto delle normative vigenti.

Vengono trattati i criteri per selezionare materiali che garantiscano durabilità, traspirabilità e stabilità nel tempo, evitando incompatibilità chimiche e fisiche che potrebbero compromettere l’integrità degli elementi storici.

Inoltre, si evidenziano alcune normative di riferimento che regolano l’utilizzo di tali materiali nel contesto del restauro, al fine di assicurare interventi conformi e rispettosi del patrimonio culturale.

Questo documento si rivolge a professionisti del settore, tecnici e restauratori, offrendo una guida pratica per una corretta considerazione e applicazione dei leganti e delle malte per il restauro, con esempi di soluzioni compatibili e sostenibili nel tempo.

1.            Certificazione e controllo delle malte

Tutte le malte predosate (betoncini, boiacche, intonaci, rasanti, ecc.) commercializzate per l’uso in cantiere dovrebbero essere certificate, indipendentemente dal tipo di leganti e aggregati utilizzati.

Gli impasti preparati in cantiere miscelando leganti e inerti sciolti di varia natura, pezzatura e colore non sono certificati né certificabili.

La normativa europea EN 459-1:2015 definisce le categorie di leganti per le costruzioni (NHL, HL, FL), ma non è specificamente pensata per restauri archeologici, conservativi e architettonici; di conseguenza, il suo impiego in questi ambiti rappresenta un errore e dovrebbe essere evitato.

2.            Indicazioni delle Soprintendenze e Carte del Restauro

Le indicazioni di tutte le Soprintendenze italiane si rifanno alle indicazioni della Carta del Restauro di Roma (1883) e successive, che prescrivono l’uso di malte compatibili con quelle originali, generalmente a base di calce aerea e/o grassello con aggiunta di componenti a reologia attiva (pozzolana, zeolite, cocciopesto, ecc.).

È quindi un errore prescrivere malte con leganti non conformi a quelli storici, come malte cementizie o NHL non compatibili con le murature.

3.            Compatibilità e scelta dei leganti

La quasi totalità delle malte storiche, dall’antichità fin quasi al secondo dopoguerra del ‘900, sono state realizzate con leganti a calce aerea o in pasta, idraulicizzati con pozzolana o altri additivi naturali.

In particolare, per le murature in tufo, è fondamentale evitare leganti contenenti cemento o componenti derivati da cotture ad alta temperatura (oltre 1200°C), che producono fasi dannose e incompatibili per le murature, come alite, belite e alluminati.

La categoria di leganti FL (calci formulate) della EN 459-1:2015 è l’unica che obbliga i produttori a dichiarare completamente i componenti, consentendo un controllo reale ed efficace da parte del tecnico.

4.            Lettura critica delle schede di sicurezza (SDS)

Spesso le schede tecniche commerciali risultano incomplete o fuorvianti.

Sarebbe quindi utile leggere attentamente la sezione n.3/16 delle Schede di Sicurezza (SDS), che riporta i componenti chimici del prodotto da utilizzare.

La SDS diventa il solo documento ufficiale che permette di verificare la presenza di componenti dannosi per le murature come cemento, clinker, cromo esavalente, sali idrosolubili, etc…

Anche la sola presenza di acronimi tipo “non dichiarato” (ND) o “non pervenuto” (NP) deve destare sospetti e richiedere ulteriori approfondimenti.

5.            Cottura del calcare e qualità del legante

La cottura del calcare a temperature comprese tra 850 e 900 °C produce calce viva senza fasi dannose.

Temperature superiori a 1000/1200 °C generano fasi idrauliche aggressive (alite, belite, alluminati) che compromettono la compatibilità con le murature storiche e moderne, in particolare con quelle in tufo.

Gli attuali processi industriali spesso privilegiano temperature elevate per motivi di tempi ed efficienza, a scapito della qualità e durabilità del legante.

6.            Limiti delle Normative di riferimento

Le norme UNI EN 998-1:2010 (intonaci) e UNI EN 998- 2:2010 (malte da muratura) certificano solo la resistenza meccanica (compressione) a 28 giorni, senza specificare origine, natura e prestazione dei leganti.

Certificare una malta con queste norme significa individuare le sole resistenze, senza indicare la composizione del prodotto, che può contenere cemento o altri componenti incompatibili con le murature.

La categoria di leganti FL, secondo la norma UNI EN 459-1:2015, è l’unica a garantire trasparenza nella composizione, grazie all’obbligo normativo di dichiararne il contenuto.

7.            Raccomandazioni per capitolati e prescrizioni

Richiedete sempre: scheda tecnica scientifica; scheda di sicurezza SDS; certificazione DOP; certificazioni di composizione e prestazioni.

Le specifiche generiche da capitolato, come “malte a base di calce”, non assicurano né la qualità né la compatibilità del materiale (la foto sopra mostra gli effetti di una malta cementizia utilizzata due anni prima per il ripristino delle fughe tra conci in laterizio).

È sempre necessario redigere prescrizioni dettagliate, ad esempio: “malte premiscelate, certificate, con caratteristiche mineralogiche, granulometriche e cromatiche simili a quelle delle malte originali, conformi alle Carte del Restauro”, oppure formulare indicazioni ancora più complete come segue…

8.            Esempio di nota prescrittiva

“In questo cantiere saranno accettate esclusivamente malte premiscelate e certificate, con caratteristiche mineralogiche, granulometriche e cromatiche simili a quelle delle malte originarie, come indicato dalle Carte del Restauro. Si preferiranno malte formulate con leganti di classe FL (EN 459-1:2015), corredate da una scheda di sicurezza (SDS) completa, in cui la sezione 3 non riporti la presenza di componenti dannosi per i supporti murari, in particolare per quelli in tufo, quali: belite, alite, cementi bianchi o grigi, clinker, cromo esavalente, solfoalluminati, NHL non pure, sali idrosolubili, calce libera, scorie, ceneri o loppe d’altoforno.

Conclusioni

L’attuale normativa non è ancora pienamente adeguata a supportare il Tecnico Edile nel controllo della qualità dei materiali destinati al restauro conservativo e architettonico, per interventi su murature.

Per questo motivo, è fondamentale che il tecnico si informi autonomamente, richieda una documentazione completa e verifichi attentamente la compatibilità dei materiali prima del loro impiego.

Solo attraverso queste precauzioni sarà possibile garantire la durabilità e la compatibilità degli interventi di restauro, prevenendo danni irreversibili alle murature storiche.

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